martedì 22 dicembre 2015

L.A.C.K. - The fragile (Soundtrack for the tormented)

Band: L.A.C.K.
Disco: The fragile (Sountrack for the tormented)
Genere: Depressive Black Metal
Anno: 2016

Torniamo dopo un lungo periodo d'assenza ad aggiornare il blog con un disco in uscita a gennaio: si tratta del debutto di L.A.C.K., progetto depressive black metal che è già comparso sui nostri lidi l'anno scorso con un EP dalle sonorità molto promettenti. Su lunga distanza emergono meglio le premesse che si intravedevano sul breve EP: tanto sentimento e malinconia, sottolineati dallo scream disperato di Acheron, mastermind del progetto. Dal disco emerge un grande interesse per l'atmosfera, che strizza l'occhio a soluzioni epiche e melodiche, dove i tanti arpeggi (a volte dal sapore shoegaze) vanno a scontrarsi con momenti più rapidi e furiosi, creando un'alternanza sonora testimoniata anche dal lavoro della batteria, capace di costituire un tappeto sonoro piuttosto variegato. La produzione, pur abbastanza grezza, è affascinante e ben riuscita, perché ammanta di mistero l'intera release ma non pregiudica al tempo stesso la resa degli strumenti, tutti ben udibili. Da notare come Acheron si sia fatto aiutare da musicisti ben riconosciuti nell'ambiente estremo abruzzese: si possono citare infatti Hyakrisht (batteria), ky degli Eyelessight (basso) e Selvans Haruspex (Selvans), presente in qualità di ospite al microfono nella traccia “Distress supernova”, probabilmente uno dei pezzi più riusciti dell'intero lotto. Ben riuscito anche l'artwork, anche questo ad opera di un ottimo musicista (Cordyceps M, bassista session nei Selvans). Nel complesso, ci troviamo di fronte a un'opera di buona fattura, capace di emozionare e l'ascoltatore e di farsi apprezzare per la sua omogeneità. In uscita per Nostalgia Productions nel gennaio 2016, è un disco di sicuro godimento per chi è avvezzo alle sonorità depressive di band come Nyktalgia e Austere.

Tracklist:
1 - While the silence of the night...(intro)
2 - Nothingness
3 - Distress Supernova
4 - Your Reflection
5 - Stains
6 - The Fragile
7 - ...It's the soundtrack of a torment (outro)

giovedì 11 giugno 2015

Omnia Malis Est - Viteliù

Band: Omnia Malis Est
Disco: Viteliù
Genere: Epic Black Metal
Anno: 2015

Oggi parliamo dell'album di debutto di Omnia Malis Est, one man band lucana che giunge a ben otto anni di distanza dal precedente lavoro, l'EP Fides. Innanzitutto, è un disco che si fa notare immediatamente per la particolarità del concept, che riguarda la strenua opposizione dei Sanniti ai Romani lungo tutta la loro storia. Vengono infatti ripresi diversi momenti storici, anche molto diversi, come la guerra sociale di inizio I sec. a.C. (“Viteliù”, ma anche “Disfatta”) e la guerra civile tra Silla e Mario, quando i Sanniti intervennero al fianco di quest'ultimo (“Battaglia di Porta Collina”, 82 a.C.), ma anche le ben note guerre sannitiche (“Al dì delle forche” è incentrata sulla battaglia delle Forche Caudine, che risale al IV sec. a.C.). Fatta questa premessa, passiamo alla musica, che cerca di esprimere questo concept nella maniera più epica possibile: l'impresa riesce, grazie anche al bel gusto melodico di Uruk-Hai (mastermind del progetto Omnia Malis Est), che fa imponente uso di un sound melodico e accattivante, il quale riesce a rendere l'album omogeneo ma mai ripetitivo. In particolare, da questo punto di vista le tracce che probabilmente esprimono meglio l'anima della band sono “Viteliù” e “Battaglia di Porta Collina”, ma anche “A Diana” e “Sabella Carmina” meritano una menzione per la loro capacità di accorpare arpeggi ariosi e sfuriate più tipicamente black metal. Personalmente ho trovato molto interessante anche il “midtro” Ner Tefùrùm, che si discosta parecchio dal resto del disco, dato che manifesta un'anima molto più vicina allo shoegaze di Slowdive e My Bloody Valentine (influenze ravvisabili, in minima parte, anche nella parte conclusiva di “Primavera sacra”) che a quella di un gruppo black metal: una scelta coraggiosa e da premiare, che serve a “rompere” gli schemi prima delle tre canzoni che concludono il disco. Grossi difetti questo disco non ne ha, ma probabilmente l'attacco thrash di “Al dì delle forche” non è molto convincente, così come “Disfatta”, traccia che chiude il lavoro, avrebbe forse meritato un epilogo più epico. Ma in fondo possiamo dire che questi sono difetti da poco, che non intaccano assolutamente la riuscita di un lavoro che si può tranquillamente candidare a uno dei più interessanti di quest'anno nell'ambito del metal estremo italiano.

Tracklist:
1 – Viteliù
2 – Al dì delle forche
3 – A Diana
4 – Primavera sacra
5 – Ner Tefùrùm
6 – Battaglia di Porta Collina
7 – Sabella Carmina
8 – Disfatta

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martedì 26 maggio 2015

Seventh Genocide - Breeze of memories

Band: Seventh Genocide
Disco: Breeze of memories
Genere: Folk/Black Metal/Post-Rock
Anno: 2015

In passato abbiamo recensito il promo EP dell'album uscente dei Seventh Genocide: ebbene, ora quell'album è finalmente uscito, sotto Naked Lunch Records. Per parlare del disco, confermiamo innanzitutto le impressioni avute dal promo: c'è stato un netto cambio di genere, dal black metal “tout court” del primo disco si è passati un black metal fortemente intriso di post-rock ed elementi folk, con derive shoegaze. Rispetto al promo, la produzione è anche migliore: la resa degli strumenti è più nitida, e si colgono meglio alcune sfumature del disco. E' un album molto uniforme e coerente nella sua proposta: l'ascolto procede tra un continuo alternarsi di parti acustiche ed altre più feroci, dove un sottofondo di blast beat accompagna un riffing spesso aggressivo, ma solitamente improntato a soddisfare un certo gusto melodico. Bene anche la voce: non possiamo garantire che lo screaming di Rodolfo (che si occupa anche di basso e chitarra acustica) sia unico nel panorama black metal, ma sicuramente è ben eseguito ed impostato. Una traccia che si discosta un po' dalle altre per struttura è la penultima: “Summer dusk” dà maggiormente sfogo all'aspetto forse più propriamente black metal del gruppo, soprattutto nella sua prima metà, pur mantenendo sempre delle apprezzabili derive melodiche. Parliamo in definitiva di un lavoro molto interessante, anche se con qualche piccolo difetto: i suoni sono buoni ma non sempre perfetti, soprattutto quando le chitarre vanno in tremolo picking. Un'altra scelta che mi ha fatto storcere un po' il naso riguarda la decisione di far terminare spesso e volentieri i pezzi in “fade out”, quindi con le chitarre che vanno lentamente a sfumare: sono situazioni che potevano essere sviluppate un po' meglio. La scarsa durata dell'album (appena mezzora di musica), invece, non rappresenta affatto un problema: i Seventh Genocide dimostrano infatti di condensare molto bene le loro idee nel minutaggio che si sono imposti, allungare il brodo poteva rischiare di diventare noioso, vista la struttura piuttosto simile delle canzoni, elemento già evidenziato. Nel complesso, ci troviamo di fronte a un lavoro palesemente influenzato dalla cosiddetta “scena Cascadian” del Nord America, ma con un'importante dose di personalità: sfido chiunque a riconoscere questa band come un “clone” di Agalloch, Wolves in the Throne Room, Addaura o chi volete voi, piuttosto, invece, i nostri riescono a sviluppare una personalità propria, che con il tempo andrà affinandosi sempre di più.

Tracklist:
1 – Breeze of memories
2 – Be
3 – Behind this life
4 – Summer dusk
5 – Il lampo

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venerdì 17 aprile 2015

Selvans - Clangores plenilunio

Band: Selvans
Disco: Clangores plenilunio
Genere: Pagan Black Metal
Anno: 2015

Nati dalle ceneri dei Draugr per volontà di Jonny (prematuramente scomparso nel giugno scorso), Stolas, Selvans Haruspex e Sethlans Fulguriator, i Selvans debuttano con questo EP rilasciato tramite Avantgarde Music. Innanzitutto, c'è un chiaro elemento di continuità con i Draugr, che ritroviamo nelle tematiche, ispirate a leggende e riti antichi, chiaramente pre-cristiani. In particolare, l'immaginario dei Selvans strizza l'occhio verso gli Etruschi: ne sono una prova i nomi scelti da alcuni componenti della band, visto che aruspici e fulguratori sono un elemento caratteristico di questo popolo (oltre a Sethlans e Selvans, nomi, rispettivamente, del dio del fuoco e del dio dei boschi per gli Etruschi). Si potrebbe dire, però, che le similitudini con i Draugr finiscono qui: il modo di interpretare il (pagan) black metal è profondamente diverso nella composizione, che si avvicina più a certe band che hanno fatto del mood epico/atmosferico il loro marchio di fabbrica. Non è blasfemia, infatti, scomodare paragoni con i rumeni Negura Bunget o con i primi In the Woods... (dei quali i nostri propongono anche una cover), pur con palesi differenze stilistiche. Le tracce che presentano i Selvans, cover a parte, sono eterogenee ma al tempo stesso cumulative: “Lupercale”, cantata in italiano, è più epica e d'impatto, grazie anche a una batteria fondata sui mid-tempo, mentre la titletrack rivela un maggiore interesse verso le trame tastieristiche. Dopo questi due pezzi c'è appunto la cover degli In the Woods..., che si pone in mezzo a un prologo e un epilogo scritti apposta dai Selvans per questo pezzo: c'è da dire che, nonostante si tratti di una cover, anche qui la band dimostra una personalità fuori dal comune, offrendo il giusto tributo a una band che forse andrebbe ricordata più spesso per quello che ha fatto a livello di influenze nella storia del genere. Da rimarcare anche il notevole interesse verso gli strumenti tradizionali, che trovano il giusto spazio: i nostri non ne abusano (come fanno certe formazioni folk metal...), ma dimostrano di saper gestire bene i momenti più furiosi e quelli più folkloristici, alternandoli. Insomma, parliamo di un debutto molto interessante: verso fine anno è prevista l'uscita del full length, che ci aspettiamo confermi le prime impressioni sui Selvans, finora molto positive.

Tracklist:
1 - Lupercale
2 - Clangores plenilunio
3 - Prologue
4 - ...in the Woods (In the Woods... cover)
5 - Epilogue

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sabato 4 aprile 2015

Infernal Angels - Pestilentia

Band: Infernal Angels
Disco: Pestilentia
Genere: Black Metal
Anno: 2014


Attivi sin dal 2002, gli Infernal Angels hanno rilasciato “Pestilentia”, loro terzo disco. Il titolo dell'opera descrive bene l'approccio dell'album, capace di alternare momenti rapidi e serrati a rallentamenti, appunto, pestilenziali, offrendo un sound simile al black metal di matrice svedese: non sarebbe una follia, infatti, citare band del calibro di Dark Funeral e Watain come ispiratrici dei nostri. La presenza di un certo piglio melodico riesce a conferire maggiore eterogeneità al disco, rendendolo meno prevedibile, grazie anche a palesi influenze death metal, maggiormente riscontrabili soprattutto nella seconda metà del lavoro. Abili a destreggiarsi, come detto, tra rallentamenti e accelerazioni improvvise, gli Infernal Angels trovano probabilmente il loro punto di forza proprio nei loro momenti più cadenzati e meno selvaggi, in cui si ravvisano anche le idee più originali. Non si può comunque definirlo un disco derivativo: “Domina nigra”, per esempio, è un bel manifesto di come eseguire un pezzo black metal dal sapore orrorifico, puntando sulle dissonanze e risultando intricato e denso di contenuti. I nostri non rinunciano comunque a momenti più “sentimentali”, come dimostra l'epica e atmosferica “Carpathians”, il pezzo più lungo e forse più ragionato del lotto. Un capitolo a parte merita la produzione, che riesce solo in parte a render giustizia all'operato degli Infernal Angels: i suoni premiano le parti più lente del disco, mentre rischiano di “soffocare”, a tratti, l'intelligibilità del riffing nelle parti più veloci. Nel complesso, parliamo di un prodotto onesto, piacevole da ascoltare e con spunti molto interessanti; per emergere definitivamente nel panoramaitaliano serve osare ancora di più, ma secondo chi scrive la strada tracciata è quella giusta: dopo un primo disco molto promettente e un secondo capitolo meno entusiasmante, la terza prova degli Infernal Angels su lunga distanza ci regala una band più matura e sicura di sé. Questa è la base ideale per una crescita ulteriore: vediamo se il prossimo disco sarà quello della definitiva esplosione nel panorama underground attuale.

Tracklist:
1 - 1347
2 - Pestilentia
3 - Blood is life
4 - In the darkness
5 - Domina nigra
6 - Carpathians
7 - Cold fog rises
8 - Thorns crown
9 - A night of unholy soul

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lunedì 16 marzo 2015

L.A.C.K. - Where everything's gone

Band: L.A.C.K.
Disco: Where everything's gone
Genere: Depressive Black Metal/Shoegaze
Anno: 2015

Where everything's gone” è il debutto assoluto di L.A.C.K., one man band diretta da Acheron (già membro di Interceptor e Black Faith): si tratta di una breve demo di poco più di 20 minuti di durata, uscita in edizione limitata (66 copie) tramite l'etichetta Depressive Illusions Records. Le intenzioni stilistiche di Acheron ricalcano, in qualche modo, il tipico approccio musicale del genere: lunghe parti arpeggiate e malinconiche, influenzate dallo shoegaze, sono poste a sottofondo degli scream disperati del nostro protagonista. In particolare, mi soffermo su “Wanderings into infinity”, seconda traccia delle tre che compongono questo lavoro, visto che la prima è un'intro strumentale e la terza è una cover di “Host” dei Nocturnal Depression: l'incedere della canzone appare lento e straziante, sino a quando non si vivacizza nella parte finale, con la batteria che assume altri ritmi. E' come se si volesse comunicare un progressivo passaggio dalla sofferenza nuda e cruda alla presa di coscienza della situazione, che viene accolta con rabbia e dolore. Sensazione, questa, che viene corroborata dalla lettura del testo: l'amara conclusione ci porta a constatare la caducità della vita (“It seems there's no tomorrow”) e il destino al totale e definitivo oblio. Viaggia su sonorità simili a “Wanderings into infinity” anche la cover dei Nocturnal Depression, fedele all'originale ma interpretata con la giusta dose di personalità. La produzione è semplice, ma tutto sommato curata: i suoni sono ben distinguibili e non sono penalizzati dalla registrazione, che riesce anzi ad ammantare la demo di una certa atmosfera. Menzione speciale per la partecipazione di Kjiel (Eyelessight), che impreziosisce il lavoro con l'aggiunta della sua voce, e per il contributo di Maylord a synth e piano. Chiara, dunque, la proposta di L.A.C.K., nonostante la breve durata di questa prima release: ora attendiamo conferme su una lunghezza più sostanziosa.

Tracklist:
1 - In hermetic solitude...
2 - Wanderings into infinity...
3 - Host (Nocturnal Depression cover)

domenica 8 marzo 2015

Malauriu / Eternu Duluri - Malauriu / Eternu Duluri



Bands: Malauriu / Eternu Duluri
Disco: Malauriu / Eternu Duluri
Genere: Black Metal
Anno: 2015

Provenienti entrambe dalla bella Sicilia, le formazioni di Malauriu ed Eternu Duluri hanno riunito le forze per questo breve split (la cui durata si assesta sui 25 minuti scarsi), dedito a un black metal piuttosto tradizionale. Ad aprire le danze sono i Malauriu, che denotano una palese influenza thrash metal; questo retaggio, probabilmente, è dovuto all'esperienza di Asmodeus con un suo altro progetto, Urlo Nero. Rispetto al materiale composto dagli Urlo Nero, però, il riffing sembra più maturo e tagliente, e allo stesso tempo più violento, pur contenendo sulfurei rallentamenti (specialmente in “Putrefazione”). Da notare la partecipazione di Damien Thorne, già leader degli emergenti Bunker 66, alla voce: l'idea di chiamare il musicista messinese a rimpolpare la formazione dei Malauriu dimostra di funzionare, vista la sua ottima interpretazione. Legata pure a un black metal piuttosto canonico è la proposta degli Eternu Duluri, i quali però scelgono di appoggiarsi a uno stile più melodico, con riff dal sapore vagamente depressive. Caratterizzati da una produzione più grezza rispetto a quella dei Malauriu, gli Eternu Duluri cercano più il sentimentalismo, anche nell'interpretazione vocale del cantante Lord Baldr, alternando sezioni più veloci e disperate ad altre più lente, ma ugualmente malinconiche. La dicotomia delle due band ci offre così uno spaccato del black metal, mettendo a nudo due facce del genere differenti ma al tempo stesso complementari. Altro elemento che salta subito all'occhio è la scelta della lingua per i testi: niente inglese, infatti, spazio piuttosto all'italiano e al dialetto siciliano (quest'ultimo utilizzato dagli Eternu Duluri). In generale, possiamo definire come positivo il prodotto di questo split, sebbene non brilli per sperimentazioni particolari: l'obiettivo di offrire una certa continuità con quanto di buono il genere ha proposto negli anni passati è stato senza dubbio raggiunto. La qualità non manca, e con ciò non possiamo far altro che aspettare con ansia un'uscita dei Malauriu su lunga distanza per avere una conferma delle loro capacità; purtroppo ciò non potrà avvenire per gli Eternu Duluri, dal momento che lo split è stato rilasciato in questo primo scorcio di 2015 ma la band risulta sciolta dal 2013.

Tracklist:
1 - Malauriu - Ex tenebris
2 - Malauriu - La voce della morte
3 - Malauriu - Putrefazione
4 - Eternu Duluri - Viti spizzati
5 - Eternu Duluri - 'Na vita cunnannata
6 - Eternu Duluri - Ciò chi nasci mori, ciò chi mori nasci...

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mercoledì 28 gennaio 2015

3 - POP (Perpetuo Orrore Popolare)

Band: 3
Disco: POP (Perpetuo Orrore Popolare)
Genere: Industrial Black Metal

Estremamente diabolico e malvagio è il lavoro di 3, pseudonimo sotto il quale si cela il misterioso Rosario Badalamenti, musicista riconducibile all'ensemble della cosiddetta "Scena Mediterranea" formatasi intorno al polistrumentista Agghiastru e ai suoi progetti. Gli aggettivi "diabolico" e "malvagio" non sono utilizzati a caso: urla inaudite e maligne si stagliano in un vortice di velocissimi riff, mentre una drum machine dal sapore freddo e industriale sparata a velocità disumane fa da sfondo a un'atmosfera già di per sé claustrofobica. Rispetto alla maggioranza dei progetti della Inch Productions, questo EP di 3 non fa grande utilizzo del dialetto siciliano nelle lyrics (dialetto che è presente nella sola "Ghenos caedo"), preferendo la lingua italiana. I testi, violenti, scorretti e apocalittici, non sono certo per deboli di cuore o per buonisti dell'ultim'ora: "Machete Kaos", una delle tracce più rappresentative del lavoro, lo dimostra ampiamente: "Affettato di teste di cazzo / che col mio machete accarezzo / e pulizia del creato farò / con l'Inferno che purificherà il Kaos". Tutto piuttosto esplicativo, direi. Interessante anche la già citata "Ghenos caedo", che, oltre alle dinamiche serratissime e infernali delle chitarre, fa molto affidamento anche sull'elemento industrial/noise, conferendo un gusto macabro soprattutto alla seconda parte del pezzo (il più lungo del lotto), che assume toni più sperimentali. La produzione è piuttosto semplice, ma non grossolana: le trame chitarristiche sono comunque ben udibili e puntano esclusivamente ad aumentare la violenza sonora. Una violenza che ricalca quella espressa da gruppi scandinavi come Mistycum e Diabolicum, dunque, che punta non a creare melodie ricercate o atmosfere sognanti, ma che mira a rappresentare scenari apocalittici, dove la salvezza dell'umanità non è altro che una bieca illusione: in questo senso, il disco centra pienamente i suoi propositi. E dire che la pagina facebook di Inch Productions annunciava una svolta pop di Rosario Badalamenti. POP? Forse di nome, di certo non di fatto...

Tracklist:
1 – POP (Perpetuo Orrore Popolare)
2 – Machete Kaos
3 – Germe
4 – Ghenos caedo
5 – L'agnello sbattezzato
6 – Cornucopia (bonus track)

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Coil Commemorate Enslave - L'infinita vanità del tutto

Band: Coil Commemorate Enslave
Disco: L'infinita vanità del tutto

Genere: Black Metal
Anno: 2014

Provenienti dalla Basilicata, i Coil Commemorate Enslave rappresentano una piacevole novità nell'ambito black metal italiano: merito soprattutto di un interesse lirico quantomeno insolito, dal momento che i testi sono tutti focalizzati sugli scritti di Giacomo Leopardi. Musicalmente, i nostri propongono un black metal dalle tinte atmosferiche, adagiato su un mood vagamente depressive. Tuttavia, molti sono anche i riferimenti puramente black metal: non mancano, infatti, veloci riff in tremolo picking in puro stile norvegese, accompagnati da una massiccia presenza di blast beat. Sono presenti, inoltre, parti arpeggiate e sognanti, come in "Chiamata fosti lamentata e pianta"; quel che salta all'occhio è come, pur essendo i pezzi di durata medio-lunga (ben cinque tracce sono oltre i sette minuti, "A se stesso" ne dura addirittura tredici e, intro a parte, solo un pezzo è di lunghezza inferiore ai cinque minuti), il riffing molto vario e l'inserimento di varie influenze riescono a rendere il disco molto scorrevole nel suo ascolto. C'è anche spazio per momenti più "catchy" (aspetto piuttosto raro per questo tipo di black metal), come testimonia la prima metà di "Mia lacrimata speme", la traccia più breve dell'album. Anche la produzione risulta adeguata: tutti gli strumenti sono perfettamente udibili, e anche il basso, che nel black metal riceve solitamente poco spazio, ha le sue occasioni di mettersi in mostra, mantenendosi comunque perlopiù sullo sfondo e dedicandosi soprattutto a un lavoro di raccordo. Insomma, si tratta di un disco che ben sintetizza diverse anime dell'universo black metal, condensando momenti feroci e malinconici con alle spalle un concept interessante; la personalità non manca a questa giovane band, che si presenta quindi come una delle realtà più promettenti. CCE promossi a pieni voti, dunque, in attesa di una conferma ad alti livelli.

Tracklist:
1 – Intro
2 – Amarissima allor la ricordanza
3 – Chiamata fosti lamentata e pianta
4 – Mia lacrimata speme
5 – C.C.E. parte II
6 – Il tramonto della luna
7 – Amore e morte
8 – Lentae genistae
9 – A se stesso

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