giovedì 4 dicembre 2014

Inchiuvatu - Via matris

Band: Inchiuvatu
Disco: Via Matris
Genere: Acoustic Black/Folk Metal
Anno: 2014

Il 2014 segna il ritorno in pompa magna degli Inchiuvatu, leggendaria band siciliana capitanata da Agghiastru che ha aperto la via, almeno in Italia, al metal estremo cantato in dialetto. La band, in continua evoluzione, non si smentisce neanche stavolta: la prima, grande sorpresa che il gruppo ci offre, infatti, è la rinuncia alle chitarre elettriche, proponendo così un EP di black/folk metal in chiave completamente acustica. Per i fan più accaniti di Agghiastru, potrebbe essere un EP che concilia il sound di Inchiuvatu con quello del progetto folk rock del polistrumentista agrigentino. Anche la parte folk viene sviluppata in maniera molto diversa rispetto al passato: le tarantelle sicule vengono messe in disparte, a favore di chitarre acustiche e flauti, che a tratti avvicinano i nostri a territori neofolk (citare band come Of the Wand and the Moon, Death in June o Spiritual Front non è assolutamente fuori luogo), particolarmente rintracciabili in tracce come “Matri addulurata” e “Trafitta”. La rinuncia all'elemento estremo comunque non è totale, affatto: merito di una tecnica di canto che oscilla tra scream e clean vocals, ma anche di uno stile compositivo che chiama in causa i tipici stilemi metal. Non è un caso che le strutture di alcune canzoni, come la stessa “Trafitta” ma anche “Eterna gloria” e “Scrucifissu”, ricordino, a tratti, i leggendari dischi Viogna e Addisiu. A tal proposito merita una citazione speciale anche “Santa balata”, traccia che chiude l'album, dall'incedere che, almeno nella sua prima metà, ricorda Burzum e i Darkthrone di “Panzerfaust”, ma in maniera totalmente originale e inaspettata. Si giunge così a un “compromesso” tra l'anima più black e quella più folkloristica di Inchiuvatu, arrivando a ottenere il sound più caldo mai espresso sinora dalla band siciliana. La sperimentazione di Agghiastru e soci è molto ardita, ma centra in pieno l'obiettivo: se un primo ascolto lascia sicuramente esterrefatti per la mancanza dell'elemento elettrico, a lungo andare l'ascoltatore viene inevitabilmente catturato dal fascino dell'album, che riesce in pieno nell'impresa di essere “estremo” in maniera molto diversa da quella tradizionale. Considerando anche come il binomio metal estremo-strumenti elettrici sia sempre stato pensato come inscindibile, questo è un EP che può aprire strade nuove: cosa non da poco, se pensiamo allo stagnamento che vede il genere, ultimamente sempre meno capace di produrre materiale veramente innovativo. Non è certamente un disco per quella fetta di fan legata al black metal norvegese di seconda ondata (visto che anche i pezzi più vicini al black metal classico, “Scrucifissu” e “Santa balata”, sono assai lontani da quello che ci si aspetta normalmente da questo genere), ma che offre un'eccezionale proposta a chi è alla ricerca di nuove sonorità e sperimentazioni, mantenendo sempre un tocco di estremo.

Tracklist:
1 – In utero
2 – Ammuccia
3 – Matri addulurata
4 – Trafitta
5 – Eterna gloria
6 – Scrucifissu
7 – Santa balata

Ascolta
Facebook

martedì 25 novembre 2014

Bhagavat - Annunciazione

Band: Bhagavat
Disco: Annunciazione
Genere: Black/Death Metal
Anno: 2013

Oggi parliamo del disco d'esordio dei Bhagavat, band italiana che si immette nella scia del movimento cosiddetto “orthodox black metal”, risalente a gruppi del calibro di Funeral Mist e Deathspell Omega. Le tematiche del disco ricalcano esattamente gli stilemi di questa corrente: al centro dell'aspetto lirico c'è infatti il satanismo, ma affrontato in maniera più intelligente e profonda rispetto al black metal di ispirazione satanica di seconda ondata. C'è infatti spazio per vere e proprie invocazioni, oltre che riflessioni sull'eterno dualismo bene-male, che rende una controparte essenziale per tenere in vita l'altra. A tal proposito, semplice ma ben costruito è il booklet, con i testi introdotti da citazioni famose, le quali pongono interessanti questioni e spunti di riflessione. Venendo alla parte musicale, il riffing è tagliente e incessante: ci sono momenti in cui è di ispirazione più death metal, e altri in cui prevale l'elemento black, ma risulta comunque molto omogeneo. Il muro ritmico è imponente: le trame composte dai Bhagavat si stagliano su ritmi veloci, grazie anche a una batteria molto dinamica, mentre il basso, udibile seppur in secondo piano, completa un quadro che già descrive bene un'atmosfera satanica e morbosa. Molto bene anche la voce, ben inserita nel contesto: è infernale e possente, e, pur non discostandosi particolarmente dal tipico cantato adottato nel mondo orthodox black metal, risulta anche carica di personalità. A proposito del movimento orthodox, in “Annunciazione” viene un po' a mancare uno degli elementi tipici di questa corrente, ovvero la presenza di cori gregoriani, qui limitata veramente allo stretto necessario: scelta che comunque non inficia minimamente sulla qualità della release. I pezzi di maggior spicco probabilmente sono “Il manifesto del maligno”, unica traccia del lotto a essere cantata in italiano, e “Nei mondi infimi”, verosimilmente il pezzo che più di tutti deve ai Deathspell Omega, dove le dissonanze tritonali hanno un ruolo fondamentale. Un esordio convincente dunque, anche perché il panorama italiano non ha moltissimo da offrire in chiave orthodox, e quella dei Bhagavat è un'ottima e sincera risposta alla scena, non priva di personalità. Non solo i già citati Deathspell Omega, ma anche band come Borgia e Aosoth possono essere annoverate tra le band simili ai nostri. E' qui che sta la forza dei Bhagavat: non parliamo di un semplice esercizio d'imitazione (come, ahimé, spesso succede in ambito black metal), ma di un esordio carico di carattere e ricco di ottime intuizioni.

Tracklist:
1 – Cloaca doctrinarum
2 – To burn a lair of snakes
3 – Il manifesto del maligno
4 – Annunciazione
5 – Black tongue of ground
6 – Nei mondi infimi
7 – Su navi d'argento
8 – Moksa

giovedì 20 novembre 2014

Ierru - Contos de foghile

Band: Ierru
Disco: Contos de foghile
Genere: Black Metal
Anno: 2014

Sono diversi gli esempi in Italia di band che hanno provato a fare black metal utilizzando il dialetto locale per i propri testi, su tutti i siciliani Inchiuvatu e i bolognesi Malnàtt. Ci hanno provato anche i sardi Ierru (che significa “Inverno” nella lingua del posto), al debutto con l'album Contos de foghile. Tecnicamente si tratta di un black metal molto rozzo, notevolmente debitore della tradizione norvegese di metà anni novanta, sebbene viaggi su tempistiche mediamente più lente. Altro elemento che presenta un certo distacco da quel black metal di darkthroniana memoria è la presenza di certe sezioni soliste e delicati arpeggi, che creano adeguati momenti di pathos. Tuttavia, il vero tasto dolente dell'esordio di Ierru lo si ritrova nella produzione del disco, decisamente inadeguata: non aiuta la drum machine, fintissima e plasticosa, unita a una tecnica di canto da raffinare, dal momento che risulta invadente ma al tempo stesso poco espressiva nonostante l'idea originale delle vocals in dialetto sardo. E questo è un peccato, perché le melodie create dalle chitarre sarebbero anche interessanti, ma la parte ritmica subisce troppo i difetti della drum machine e della voce. Difetti, questi, che si ripercorrono lungo tutto il disco, rendendo più complicato l'ascolto. Altro appunto: alcune parti soliste o arpeggiate andrebbero inserite meglio nel contesto, dal momento che, a volte, risultano un po' troppo “out of nowhere”. Qual è il consiglio che bisogna dare a Ierru, dunque? Innanzitutto di non mollare, l'idea di base è valida e anche dal punto di vista strettamente musicale ci sono spunti intelligenti, come l'uso delle parti soliste che di solito in questo genere non trovano particolare spazio. Bisogna invece assolutamente intervenire sui suoni, davvero brutti per essere un album (seppur molto underground), sulla voce, sulla quale si potrebbero adottare scelte diverse in fase di mixing o che si potrebbe modulare diversamente, più improntata sullo scream o sul growl veri e propri: insomma, è necessario fare una scelta precisa. Importante sarebbe anche trovare un batterista in carne ed ossa, o, almeno, programmare la batteria in un modo più accettabile: forse, a tal proposito, scelte diverse in sede di songwriting avrebbero causato una resa migliore. Gruppo da rimandare al prossimo appuntamento, insomma: se la band saprà far tesoro di questo primo passo falso, in futuro riuscirà di certo a dare una resa migliore del connubio black metal/folklore sardo.

Tracklist:
1 – S'arvèschida
2 – Note e nèula
3 – Su dimòniu de su sonnu
4 – Ierru
5 – Sa buca de s'inferru
6 – Su foghile
7 – Cussu chi depet èssere fatu
8 – Sas ecos de sas grutas
9 – Sa sùrbile
10 – S'istradone de sa paza
11 – Su vèsperu

Ascolta
Facebook

In Tormentata Quiete - Cromagia

Band: In Tormentata Quiete
Disco: Cromagia
Genere: Blackened Avant-garde Metal
Anno: 2014

A distanza di cinque anni dal loro ultimo lavoro, tornano finalmente gli In Tormentata Quiete, band bolognese che da sempre si è distinta nella scena metal italiana per il suo approccio originale. Cromagia non fa altro che rafforzare questa convinzione, sebbene l'evoluzione della band sia tangibile, e questo disco si distacchi in parte dai precedenti due album: da Teatroelementale vengono ripresi e accentuati i momenti progressive, pur inseriti in un contesto fortemente melodico e meno estremo. La tecnica dell'intreccio delle tre voci (che prevedono voce maschile pulita, voce in screaming e voce femminile), da sempre marchio di fabbrica dei nostri, viene ulteriormente sviluppata in questo nuovo capitolo targato ITQ, e contribuisce ad alimentare il carattere prettamente avant-garde della band, sfruttando suoni più caldi e avvolgenti grazie anche a una produzione impeccabile. Rispetto ai due dischi precedenti bisogna oltretutto far notare l'inserimento di nuove influenze: ne è un esempio la chitarra dal sapore post-rock presente in “Verde”, oltre a una crescente attenzione verso l'elemento folk (un chiaro esempio lo trovate ne “La carezza del giallo”), pure presente nei vecchi lavori. Trova inoltre un discreto spazio il violino, strumento assente nelle precedenti release, che conferisce un ulteriore apporto melodico al disco, risultando perfettamente inserito nelle trame di Cromagia. Merita inoltre un approfondimento a sé il concept, che suggerisce una visione sinestetica delle emozioni umane: obiettivo raggiunto in pieno, dal momento che a ogni colore viene assegnata un'atmosfera adeguata. Si va infatti dalla vivacità del giallo all'oscurità fascinosa del nero (a proposito, splendido il basso iniziale ne “La visione del nero”), dalla leggerezza del verde alla magia misteriosa del blu, passando per l'energia del rosso. Si tratta dunque di un disco molto completo, anche se inevitabilmente meno estremo dei precedenti: ciò non inficia assolutamente la qualità del disco, il quale risulta essere meno immediato e più ragionato. Insomma, non parliamo di un ascolto “usa e getta”, ma il disco in questione va ascoltato e capito nella sua interezza per essere apprezzato a dovere. Cromagia testimonia, come detto in apertura di recensione, la crescita e la metamorfosi della band, che, un po' come i norvegesi Arcturus, è partita da un black metal sinfonico per poi giungere a lidi progressive, senza però rinunciare completamente all'aspetto estremo degli esordi. In rete si legge spesso di una loro assonanza a gruppi del calibro di Solefald, Ulver e Devil Doll: io farei anche i nomi di realtà come gli emergenti australiani Ne Obliviscaris, e del progetto solista di Ihsahn, cantante degli Emperor, anche se la direzione presa dagli In Tormentata Quiete vira verso soluzioni stilistiche differenti. In conclusione, Cromagia è il disco dell'esame di maturità degli ITQ, che lo superano a pieni voti e si confermano una realtà importante nell'ambiente metal italiano: se è indubbio che l'anima più marcatamente black della band ne esce ridimensionata, un orecchio avvezzo anche a sonorità meno estreme non può permettersi di ignorare questa preziosa gemma underground.

Tracklist:
1 – Blu
2 – Il profumo del blu
3 – Rosso
4 – Il sapore del rosso
5 – Verde
6 – Il sussurro del verde
7 – Giallo
8 – La carezza del giallo
9 – Nero
10 – La visione del nero
11 – InVento

martedì 28 ottobre 2014

In Corpore Mortis - Neverwards

Band: In Corpore Mortis
Disco: Neverwards
Genere: Black Metal
Anno: 2013

Dopo una lunga gestazione, i piemontesi In Corpore Mortis giungono finalmente al debutto su lunga distanza con questo Neverwards, che arriva a nove anni di distanza dal primo demo, registrato con una line-up completamente diversa. Sin dall'inizio sembra abbastanza chiaro l'intento dei nostri, che propongono un black metal dalle tinte norvegesi, che trova nel tremolo picking la sua espressione stilistica di riferimento dal punto di vista chitarristico. Non ci troviamo comunque di fronte al solito ammasso di blast beat e riffing darkthroniani, bensì la proposta dei nostri risulta sì fedele alla tradizione, ma al tempo stesso fresca e potente. Forte di una produzione adeguata ma mai plasticosa, è un disco armonioso, che amalgama bene parti rapide e d'impatto con rallentamenti tenebrosi. Le vocals di Jormundgand (che si occupa anche, e bene, del basso) si inseriscono con prepotenza nel contesto, riuscendo ad adempiere bene al loro compito: a tal proposito mi pare giusto citare la furiosa “Fist of the Tyrant”, uno dei brani più riusciti dell'album, o anche “Verso l'Eterno Silenzio”, unico pezzo del disco ad essere cantato in italiano. Chiare anche le influenze thrash metal, che aiutano a rendere il lavoro più vario, sebbene, come detto, si mantenga piuttosto fedele al pane quotidiano che offre il genere. In tal senso, nonostante le ovvie differenze stilistiche tra una band e l'altra, gli In Corpore Mortis possono ricordare gli abruzzesi Black Faith, anche loro capaci di dare vita a un prodotto fedele ai canoni del genere ma non per questo banale. Nel caso degli In Corpore Mortis, aiuta sicuramente la perfetta distinguibilità degli strumenti, che offre così una resa pulita del disco. Riassumendo, Neverwards è un disco convincente, che incontrerà sicuramente il gusto di chi cerca una risposta italiana al black metal norvegese di seconda ondata, ma con la giusta personalità.

Tracklist:
1 – The Cyanotic End of Inclemency
2 – Let There Be Pain
3 – Fist of the Tyrant
4 – Murder in my Veins
5 – Verso l'Eterno Silenzio
6 – He Whose Name Portends Tribulation

Ascolta

Facebook

domenica 21 settembre 2014

Progenie Terrestre Pura - U.M.A.



Band: Progenie Terrestre Pura
Disco: U.M.A.
Genere: Black Metal/Psybient/IDM
Anno: 2013

“U.M.A.”, acronimo per “Uomini, Macchine, Anime”, è la prima fatica su lunga distanza dei veneti Progenie Terrestre Pura, che con questo disco si presentano al grande pubblico dopo un promo pubblicato nel 2011. La parola chiave dell'album è: sperimentazione. Definirlo infatti un disco black metal sarebbe riduttivo, vista la forte componente elettronica: elementi psybient e IDM la fanno da padrone, inseriti alla perfezione in un contesto puramente Sci-Fi. Qualcuno ha parlato di influenze come Darkspace e Sirius, ma in realtà qui siamo molto oltre le band citate: il rapporto con lo spazio viene qui sviscerato in maniera diversa, più eterea e futuristica. Una menzione speciale va fatta anche per la voce: ci appare lontana, come a testimoniare un distacco dal mondo attuale, a tratti quasi sussurrata, l'ideale per interpretare i testi della band, a volte un po' ingenui ma sicuramente originali e personali, nonché scritti tutti in italiano. L'uso della drum machine non è penalizzante, anzi, si sposa bene con la freddezza del sound della release, coerentemente con i suoi elementi industrial. E' una release che si dimostra anche duttile: ci sono pezzi più improntati al black metal (“Progenie Terrestre Pura” e “Sinapsi divelte”), altri totalmente devoti all'elettronica (“La terra rossa di Marte”), ma che denota sempre una chiara continuità a livello di sound, di contenuti e di emozioni elargite. Qual è dunque il vero merito dei Progenie Terrestre Pura? Non solo la capacità di incrociare il black metal con altri elementi, ma la capacità di farlo in maniera personale, senza rinunciare alle origini del genere (penso al riffing di “Progenie Terrestre Pura” e “Droni”) e inserendo il tutto in un concept stuzzicante e ancora poco sfruttato. Fermo restando che non esiste il disco perfetto, questo è un album che apre nuovi orizzonti nella scena metal estrema (non solo italiana), e per questo merita pienamente lo status di “Icona”.

Tracklist:
1 – Progenie Terrestre Pura
2 – Sovrarobotizzazione
3 – La terra rossa di Marte
4 – Droni
5 – Sinapsi divelte

giovedì 18 settembre 2014

In My Shiver - Delicate poison


Band: In My Shiver
Disco: Delicate poison
Genere: Post-Black Metal/Shoegaze
Anno: 2014

Secondo full length per i marchigiani In My Shiver, che tornano a quattro anni di distanza dal buon “Black seasons”: rispetto al disco d'esordio, l'approccio risulta simile, con un mix tra black metal, shoegaze e alternative rock, ma più maturo dal punto di vista del songwriting. Scream e clean vocals si alternano e si sovrappongono, così come i momenti furiosi e quelli più ragionati, creando così un'atmosfera particolare e intimista; da valutare soltanto se non sia il caso di diminuire i momenti con il canto pulito, la cui frequenza, con il progredire dell'ascolto, potrebbe finire con il risultare un po' prevedibile. Forte di una produzione adeguata, il disco riesce a mettere in evidenza tutta la capacità dei nostri con gli strumenti, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto ritmico. Molto interessanti le linee compiute dal basso, che in questa release svolge un ottimo lavoro di cesellatura e fa sentire nitidamente la sua presenza. Stona leggermente la presenza della drum machine, che pure è ben programmata e utilizza suoni discreti: la presenza di una batteria vera e propria avrebbe conferito un suono più “caldo” e probabilmente più adatto al lavoro. E' un disco che comunque risulta essere soddisfacente, grazie anche a una certa dose di originalità che, in un movimento leggermente saturo come quello “blackgaze”, non può che essere un aspetto più che positivo: più violenti rispetto ad Alcest e Amesoeurs, più variegati rispetto agli An Autumn for a Crippled Children, gli In My Shiver propongono un bel prodotto che aspetta ora di confermarsi ad alto livello.

Tracklist:
1 – Closed view
2 – False
3 – Liquid hour
4 – Into the gray line
5 – Drain
6 – Empty wealth

Hateful Desolation - Withering in dust


Band: Hateful Desolation
Disco: Withering in dust
Genere: Depressive Black Metal
Anno: 2014

Giovane formazione internazionale che si divide tra Egitto e Italia, gli Hateful Desolation sono al debutto assoluto con questa demo, la cui uscita è prevista per fine anno. Responsabile del songwriting e degli strumenti è Void, a.k.a. Lord Mist, musicista egiziano già abbastanza noto nella scena per la sua one man band Frostagrath, della quale vengono riprese alcune trame stilistiche, come l'abbondante uso di tastiere, che si affianca a un black metal piuttosto lento e scuro per donargli un alone etereo e misterioso. Della voce invece se ne occupa l'italiano Gray Ravenmoon, autore di una prova convincente: con il suo scream riesce infatti a conferire le giuste sensazioni ai due pezzi che compongono il lavoro (oltre la bonus track). Si punta molto sul sentimentalismo, con linee di chitarra semplici ma ispirate, ben abbinate all'aura atmosferica emanata dalle tastiere e alle lyrics disperate dei nostri, sebbene i suoni dei piatti non siano sempre adeguati. La titletrack risulta leggermente più movimentata rispetto a “Your memory will never fade”, grazie al blast beat iniziale e a una maggiore propensione al tremolo picking, che a tratti ci porta verso lidi più vicini al post-black metal. Non comprendo del tutto, invece, la scelta di inserire una versione strumentale di “Your memory will never fade” come terza traccia: è un riempitivo che allunga il brodo, ma che di fatto non aggiunge nulla alla prova dei nostri. Una nota sulla copertina: nel genere se ne vedono tantissime su questo stile, un po' più di originalità nella veste grafica non guasterebbe. Concludendo, comunque, si tratta di un buon debutto che presenta spunti interessanti: l'unico consiglio che si può dare a questa giovane band è di provare a osare maggiormente, per distinguersi ancora di più dal calderone delle band depressive black metal. Se riusciranno a farlo, gli Hateful Desolation si ergeranno sicuramente sopra la media, perché le qualità ci sono.

Tracklist:
1 – Your memory will never fade
2 – Withering away in solitude
3 – Your memory will never fade (instrumental)

mercoledì 17 settembre 2014

Frater Ximenes is Dead - Demo II


Band: Frater Ximenes is Dead
Disco: Demo II
Genere: Dark Ambient/Ritual/Black Metal
Anno: 2013

Curiosa e oscura è la proposta dei Frater Ximenes is Dead, misterioso duo che incrocia black metal, ritual dark ambient e noise. In questa demo, risalente all'anno scorso, la band si presenta con un lugubre ambient ritualistico, che funge da intro. Sono chiare sin dall'inizio le intenzioni dei due musicisti, che si propongono di offrire suoni oscuri all'interno di un'atmosfera solenne, quasi sacrale, come testimoniato anche dalle litanie campionate. Avvolti da un'aura di tenebroso misticismo, l'ascolto prosegue lento e inesorabile, come la morte: si ha quasi la sensazione che possa essere il sottofondo perfetto di film come il celeberrimo “Begotten” di E. Elias Merhige. Azzeccati gli effetti utilizzati, con un incessante e ripetitivo loop che aggiunge ulteriore straniamento a un'atmosfera già di per sé buia e opprimente. La seconda traccia ha inizio con un piglio molto diverso: feroci riff raw black metal si accompagnano ai suoni lugubri-mistici già ascoltati nell'intro, sfociando in un violento noise black caotico ma comunque comprensibile, mentre un perpetuo blast beat completa il quadro, già di per sé abbastanza raccapricciante. La situazione degenera ulteriormente con l'inserimento di uno scream sporco e raggelante, ma adeguato, che si aggiunge al resto. Si ritorna quindi all'ambient nella parte finale, tra preghiere recitate da una voce lontana, qualche risata mefitica, e suoni della natura. Un lavoro originale, dunque, sicuramente da provare per chi apprezza l'aspetto più oscuro e mistico del black metal, meglio se intrecciato con elementi ambient e noise: fans di Abruptum e Wold, questo è pane per i vostri denti!

Tracklist:
1 – Intro / IV
2 – V / Outro

Ascolta
Facebook

martedì 16 settembre 2014

Apolokia - Kathaarian vortex


Band: Apolokia
Disco: Kathaarian vortex
Genere: Black Metal
Anno: 2013

Band formatasi nel 1994, gli Apolokia arrivano finalmente al loro debutto su lunga distanza solamente nel 2013, dopo un paio di (ottimi) demo negli anni '90 e un EP rilasciato nel 2009. Contrari a qualsiasi minima forma di innovazione, gli Apolokia suonano un black metal veloce e senza compromessi, sostanzialmente privo di contaminazioni se non per un saltuario uso dei sintetizzatori. L'ascolto risulta essere molto sofferto: il sound zanzaroso delle chitarre e la produzione eccessivamente grezza non aiutano da questo punto di vista, anche se lo scream spettrale di Lord Verminaard risulta interessante e adatto alla situazione. Non c'è quasi un attimo di pausa nelle trame serratissime della band abruzzese, che trova momenti di rilassamento solo in lugubri e occasionali rallentamenti. Punto negativo vero e proprio dell'album, insieme alla produzione, risulta essere la drum machine: quando viene impostata su questi ritmi e queste velocità, la maggior parte delle volte infatti perde di mordente e diventa soltanto monotona e noiosa, e questo caso non fa eccezione. E' un album che per essere apprezzato va capito e inserito in un certo contesto: in un black metal dove ormai si cercano sempre più contaminazioni con altri generi per ottenere risultati diversi, gli Apolokia si ribellano e dicono no, optando per un ritorno ai primordi, in un gelido ed eretico vortice nichilista di caos sonoro. Per la band, il black metal non è da considerarsi come un divertimento, ma un culto per pochi: è in questo senso che va letta la scelta di un suono così ostile e quasi inaccessibile ai più. Entrati nell'ottica del disco e superate le considerazioni tecniche su suoni e produzione, se amate l'ala più oltranzista ed estrema del genere, questo disco potrebbe fare per voi, anche se decisamente non è per tutti. Da maneggiare con cautela.

Tracklist:
1 - Consolamentum
2 - Post Kristus daemonolatry
3 - In figuram Baphometis
4 - Order of the nine
5 - Malignant asphyxiation
6 - Kathaarian vortex
7 - Signum Satani
8 - Coil of nihilism
9 - Pure imperial darkness MMXII

lunedì 15 settembre 2014

Metus - Di niente facciamo parte


Band: Metus
Disco: Di niente facciamo parte
Genere: Avant-garde/Progressive Black Metal
Anno: 2005


La Norvegia e la Sicilia sono apparentemente molto lontane, eppure c'è chi ha saputo ridurre sensibilmente la distanza geografica tra questi due splendidi posti. Mi riferisco in particolare all'unico album dei Metus, ensemble avant-garde black metal originario di Porto Empedocle (in provincia di Agrigento), che molto deve a gruppi norvegesi come Arcturus e Peccatum, sebbene i siciliani riescano a mantenere un approccio personale. “Di niente facciamo parte” è una delle prime espressioni di black metal puramente sperimentale in Italia (insieme a band del calibro degli Ephel Duath), e si distacca sensibilmente dagli standard del genere. La prima particolarità che salta all'occhio è l'assenza totale di voci: potrebbe essere un handicap, ma la scelta di concentrarsi su strutture così varie e arzigogolate non fa sentire assolutamente la mancanza dell'apporto canoro. C'è una massiccia presenza di tastiere e sintetizzatori, che in alcuni momenti diventano decisive per la buona riuscita dei pezzi: veramente ottimo il lavoro compiuto in questo senso in “Balletto delle marionette”, seconda traccia del disco. Assurda è la terza traccia, “Mens insana in mente naturaliter sana”, dove la definizione di avant-garde trova piena riuscita: riff estremi, blast beat, progressioni tastieristiche, rallentamenti improvvisi, synth infernali, urla e risate campionate, momenti dal sapore spaziale. In realtà, l'aspetto black metal del disco è veramente limitato al minimo indispensabile, se non fosse per qualche riff di chitarra e qualche blast beat si farebbe meglio a parlare di “semplice” avant-garde metal. Se vogliamo trovare a tutti i costi un difetto in questo full length, questo va ricercato nell'uso della drum machine, troppo statica nonostante le linee di batteria siano interessanti. A parte questo, le tante belle idee del combo siciliano sono rimaste racchiuse in questo disco, dal momento che dal 2005 la band non ha rilasciato più nulla. La speranza è che i Metus possano riprendere in futuro a registrare del materiale, perché la proposta di “Di niente facciamo parte” è validissima.

Tracklist:
1 - Genesi primordiale
2 - Balletto delle marionette
3 - Mens insana in mente naturaliter sana
4 - Umana alterità
5 - Messaggio dallo spazio

Ascolta
Facebook

A Tree - Fn-2+Fn-1=Fn


Band: A Tree
Disco: Fn-2+Fn-1=Fn
Genere: Alternative Rock/Black Metal
Anno: 2011

E' sorprendente come, talvolta, il black metal possa abbracciare le tematiche più disparate. Per la verità, l'ottimo demo di A Tree, one man band originaria di Potenza che fa capo alla mente di Uruk Hai (già membro di Nefertum e Omnia Malis Est), di black metal possiede ben poco, probabilmente solo le scream vocals, che comunque si alternano a voci pulite: ma è anche questo che lo rende un lavoro unico nel suo genere. Nelle trame chitarristiche della creatura del musicista lucano, infatti, possiamo ritrovare elementi che fanno capo più all'alternative rock, alla new wave e al post-punk che al metal. Dicevamo, le tematiche: come suggerisce il titolo, il demo fa riferimento alla successione di Fibonacci, il matematico italiano vissuto a cavallo tra dodicesimo e tredicesimo secolo. Quello di cui parla il disco è, infatti, la presenza di un sistema universale che sta alla base del tutto, ma mai completamente comprensibile all'occhio umano: interessanti, in quest'ottica, anche i testi, personali e mai banali. Chiari anche i riferimenti al film di Darren Aronofsky, “Pi Greco – Teorema di un delitto”, del quale viene citato anche un estratto nella traccia “Math(er) Nature”. E' bella anche la copertina, intrigante al punto giusto e che ben rispecchia gli intenti del lavoro di Uruk Hai. Poco black metal, ma tanto rock e nostalgia degli anni '80, miscelato tutto come meglio non si poteva. Insomma, un lavoro originale e curato, da premiare sia per il coraggio della proposta che per la sua effettiva riuscita.

Tracklist:
1 – Evolution begins
2 – Among trees
3 – The deal between nature and myself
4 – Math(er) Nature
5 – Empty words as empty we are
6 – Rainroom (Katatonia cover)

Ascolta
Facebook

Malnàtt - Principia discordia


Band: Malnàtt
Disco: Principia discordia

Genere: Melodic Black Metal
Anno: 2012


Band con ormai 15 anni di carriera alle spalle, i Malnàtt hanno rilasciato a fine 2012 la loro ultima fatica, dal titolo “Principia discordia”: è un disco particolare, che segue con coerenza l'evoluzione del gruppo, che da un folk/black metal è arrivato pian piano a lidi più melodici, con l'abbandono progressivo della vena folk nella sua componente strumentistica (vena folk che tuttavia è presente nell'approccio lirico, come vedremo). Il disco in questione presenta momenti catchy ma al tempo stesso aggressivi, grazie a un ottimo lavoro ritmico. Da sottolineare la prova vocale di Porz, capace di alternare a uno scream sobrio e intellegibile, ma concreto, parti pulite che ben si legano con la proposta “malnetta”. Quasi interamente cantata in pulito è “Ulver nostalgia”, traccia in cui a farla da padrone è la soave voce di Sara Pistone, che per otto minuti e mezzo fa da sfondo ai riff assassini e accurati del chitarrista Bigat. In generale meritano grande attenzione le lyrics: come nel precedente “La voce dei morti”, si è infatti scelto di dare grande spazio a testi tratti da poesie italiane. Si va da Montale (“Ho sceso dandoti il braccio”) a Lorenzo Stecchetti alias Olindo Guerrini (“Il canto dell'odio”) a Iginio Ugo Tarchetti (“L'amor sen va” e “Nel dì dei morti”), arrivando sino alla citazione-parodia di Italo Calvino con la strumentale “Il sentiero dei nidi di Ragnarok”. C'è spazio anche per momenti irriverenti (“Don Matteo”) e altri che sfociano nel nichilismo cosmico (“Manifesto nichilista”, che apre il disco). Un disco intelligente e divertente dunque, che si lascia ascoltare bene, grazie a una produzione adeguata e un approccio originale, sia da un punto di vista stilistico che lirico.

Chiudo con una nota personale e che esula dall'aspetto prettamente musicale: il fatto che i Malnàtt calchino molto la mano sui testi poetici è positivo. Io stesso, ascoltando per la prima volta “La voce dei morti” nel 2008, incuriosito, mi sono precipitato a recuperare le poesie degli autori citati nell'album. In un mondo dove la cultura serve sempre, ben vengano i gruppi capaci di riportare in auge la poesia e suscitare nuovo interesse verso di essa: che poi questi gruppi suonino black metal o tutt'altro è ininfluente.

Tracklist:
1 - Manifesto nichilista
2 - L'amor sen va
3 - Il canto dell'odio
4 - Iper pagano
5 - Intramezzo erisiano
6 - Nel dì dei morti
7 - Don Matteo
8 - Ave discordia
9 - Ho sceso dandoti il braccio
10 - Il sentiero dei nidi di Ragnarok

Ascolta
Facebook

Seventh Genocide - Promo 2013



Band: Seventh Genocide

Disco: Promo 2013
Genere: Folk/Black Metal/Post-Rock
Anno: 2013


Cambio di rotta per i Seventh Genocide, giovane formazione romana che ha improvvisamente deciso di abbandonare il black metal “tout court” a cui si dedicava in precedenza per abbracciare soluzioni che comprendono anche elementi folk e post-rock. Con questo Promo, rilasciato in versione digitale per spargere la voce in occasione delle prossime uscite e per testimoniare il cambiamento stilistico della band, i nostri assumono così nuove influenze. La presenza della chitarra acustica, sapientemente inserita nel contesto dal giovane e promettente polistrumentista Rodolfo Ciuffo (già leader dei post-rockers Angew), rimanda molto a certe uscite che fanno capo al movimento “cascadian black metal”. A far da contraltare a questa nuova anima dei Seventh Genocide, più sentimentale e ragionata rispetto a quella, più feroce, del passato, lo screaming freddo e tetro dello stesso Rodolfo. Sullo sfondo, gli altri strumenti, ben udibili, aiutano a completare l'atmosfera delle due tracce dell'EP: da segnalare come, sebbene sia stato tutto registrato in casa, il risultato sia ben riuscito nonostante la produzione sia semplice (ma non per questo brutta). I due pezzi sono molto simili tra loro, seguono una struttura ben delineata, in cui delicati momenti di chitarra acustica si alternano a sfuriate post-black metal e incessanti blast beat. Due tracce forse sono poco per giudicare, ma sono abbastanza per capire il nuovo indirizzo di questa giovane band, che sicuramente risulterà piacevole alle orecchie dei fan di gruppi come Agalloch, Addaura o Falls of Rauros. E' auspicabile che una band del genere riesca a dare il meglio di sé sulla lunga distanza e con un minutaggio adeguato, per cui per un giudizio più accurato bisognerà attendere l'album completo, ma sono fiducioso che verrà fuori un buon lavoro.

Tracklist:
1 - Breeze of Memories
2 - Be

Ascolta
Facebook