domenica 21 settembre 2014

Progenie Terrestre Pura - U.M.A.



Band: Progenie Terrestre Pura
Disco: U.M.A.
Genere: Black Metal/Psybient/IDM
Anno: 2013

“U.M.A.”, acronimo per “Uomini, Macchine, Anime”, è la prima fatica su lunga distanza dei veneti Progenie Terrestre Pura, che con questo disco si presentano al grande pubblico dopo un promo pubblicato nel 2011. La parola chiave dell'album è: sperimentazione. Definirlo infatti un disco black metal sarebbe riduttivo, vista la forte componente elettronica: elementi psybient e IDM la fanno da padrone, inseriti alla perfezione in un contesto puramente Sci-Fi. Qualcuno ha parlato di influenze come Darkspace e Sirius, ma in realtà qui siamo molto oltre le band citate: il rapporto con lo spazio viene qui sviscerato in maniera diversa, più eterea e futuristica. Una menzione speciale va fatta anche per la voce: ci appare lontana, come a testimoniare un distacco dal mondo attuale, a tratti quasi sussurrata, l'ideale per interpretare i testi della band, a volte un po' ingenui ma sicuramente originali e personali, nonché scritti tutti in italiano. L'uso della drum machine non è penalizzante, anzi, si sposa bene con la freddezza del sound della release, coerentemente con i suoi elementi industrial. E' una release che si dimostra anche duttile: ci sono pezzi più improntati al black metal (“Progenie Terrestre Pura” e “Sinapsi divelte”), altri totalmente devoti all'elettronica (“La terra rossa di Marte”), ma che denota sempre una chiara continuità a livello di sound, di contenuti e di emozioni elargite. Qual è dunque il vero merito dei Progenie Terrestre Pura? Non solo la capacità di incrociare il black metal con altri elementi, ma la capacità di farlo in maniera personale, senza rinunciare alle origini del genere (penso al riffing di “Progenie Terrestre Pura” e “Droni”) e inserendo il tutto in un concept stuzzicante e ancora poco sfruttato. Fermo restando che non esiste il disco perfetto, questo è un album che apre nuovi orizzonti nella scena metal estrema (non solo italiana), e per questo merita pienamente lo status di “Icona”.

Tracklist:
1 – Progenie Terrestre Pura
2 – Sovrarobotizzazione
3 – La terra rossa di Marte
4 – Droni
5 – Sinapsi divelte

giovedì 18 settembre 2014

In My Shiver - Delicate poison


Band: In My Shiver
Disco: Delicate poison
Genere: Post-Black Metal/Shoegaze
Anno: 2014

Secondo full length per i marchigiani In My Shiver, che tornano a quattro anni di distanza dal buon “Black seasons”: rispetto al disco d'esordio, l'approccio risulta simile, con un mix tra black metal, shoegaze e alternative rock, ma più maturo dal punto di vista del songwriting. Scream e clean vocals si alternano e si sovrappongono, così come i momenti furiosi e quelli più ragionati, creando così un'atmosfera particolare e intimista; da valutare soltanto se non sia il caso di diminuire i momenti con il canto pulito, la cui frequenza, con il progredire dell'ascolto, potrebbe finire con il risultare un po' prevedibile. Forte di una produzione adeguata, il disco riesce a mettere in evidenza tutta la capacità dei nostri con gli strumenti, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto ritmico. Molto interessanti le linee compiute dal basso, che in questa release svolge un ottimo lavoro di cesellatura e fa sentire nitidamente la sua presenza. Stona leggermente la presenza della drum machine, che pure è ben programmata e utilizza suoni discreti: la presenza di una batteria vera e propria avrebbe conferito un suono più “caldo” e probabilmente più adatto al lavoro. E' un disco che comunque risulta essere soddisfacente, grazie anche a una certa dose di originalità che, in un movimento leggermente saturo come quello “blackgaze”, non può che essere un aspetto più che positivo: più violenti rispetto ad Alcest e Amesoeurs, più variegati rispetto agli An Autumn for a Crippled Children, gli In My Shiver propongono un bel prodotto che aspetta ora di confermarsi ad alto livello.

Tracklist:
1 – Closed view
2 – False
3 – Liquid hour
4 – Into the gray line
5 – Drain
6 – Empty wealth

Hateful Desolation - Withering in dust


Band: Hateful Desolation
Disco: Withering in dust
Genere: Depressive Black Metal
Anno: 2014

Giovane formazione internazionale che si divide tra Egitto e Italia, gli Hateful Desolation sono al debutto assoluto con questa demo, la cui uscita è prevista per fine anno. Responsabile del songwriting e degli strumenti è Void, a.k.a. Lord Mist, musicista egiziano già abbastanza noto nella scena per la sua one man band Frostagrath, della quale vengono riprese alcune trame stilistiche, come l'abbondante uso di tastiere, che si affianca a un black metal piuttosto lento e scuro per donargli un alone etereo e misterioso. Della voce invece se ne occupa l'italiano Gray Ravenmoon, autore di una prova convincente: con il suo scream riesce infatti a conferire le giuste sensazioni ai due pezzi che compongono il lavoro (oltre la bonus track). Si punta molto sul sentimentalismo, con linee di chitarra semplici ma ispirate, ben abbinate all'aura atmosferica emanata dalle tastiere e alle lyrics disperate dei nostri, sebbene i suoni dei piatti non siano sempre adeguati. La titletrack risulta leggermente più movimentata rispetto a “Your memory will never fade”, grazie al blast beat iniziale e a una maggiore propensione al tremolo picking, che a tratti ci porta verso lidi più vicini al post-black metal. Non comprendo del tutto, invece, la scelta di inserire una versione strumentale di “Your memory will never fade” come terza traccia: è un riempitivo che allunga il brodo, ma che di fatto non aggiunge nulla alla prova dei nostri. Una nota sulla copertina: nel genere se ne vedono tantissime su questo stile, un po' più di originalità nella veste grafica non guasterebbe. Concludendo, comunque, si tratta di un buon debutto che presenta spunti interessanti: l'unico consiglio che si può dare a questa giovane band è di provare a osare maggiormente, per distinguersi ancora di più dal calderone delle band depressive black metal. Se riusciranno a farlo, gli Hateful Desolation si ergeranno sicuramente sopra la media, perché le qualità ci sono.

Tracklist:
1 – Your memory will never fade
2 – Withering away in solitude
3 – Your memory will never fade (instrumental)

mercoledì 17 settembre 2014

Frater Ximenes is Dead - Demo II


Band: Frater Ximenes is Dead
Disco: Demo II
Genere: Dark Ambient/Ritual/Black Metal
Anno: 2013

Curiosa e oscura è la proposta dei Frater Ximenes is Dead, misterioso duo che incrocia black metal, ritual dark ambient e noise. In questa demo, risalente all'anno scorso, la band si presenta con un lugubre ambient ritualistico, che funge da intro. Sono chiare sin dall'inizio le intenzioni dei due musicisti, che si propongono di offrire suoni oscuri all'interno di un'atmosfera solenne, quasi sacrale, come testimoniato anche dalle litanie campionate. Avvolti da un'aura di tenebroso misticismo, l'ascolto prosegue lento e inesorabile, come la morte: si ha quasi la sensazione che possa essere il sottofondo perfetto di film come il celeberrimo “Begotten” di E. Elias Merhige. Azzeccati gli effetti utilizzati, con un incessante e ripetitivo loop che aggiunge ulteriore straniamento a un'atmosfera già di per sé buia e opprimente. La seconda traccia ha inizio con un piglio molto diverso: feroci riff raw black metal si accompagnano ai suoni lugubri-mistici già ascoltati nell'intro, sfociando in un violento noise black caotico ma comunque comprensibile, mentre un perpetuo blast beat completa il quadro, già di per sé abbastanza raccapricciante. La situazione degenera ulteriormente con l'inserimento di uno scream sporco e raggelante, ma adeguato, che si aggiunge al resto. Si ritorna quindi all'ambient nella parte finale, tra preghiere recitate da una voce lontana, qualche risata mefitica, e suoni della natura. Un lavoro originale, dunque, sicuramente da provare per chi apprezza l'aspetto più oscuro e mistico del black metal, meglio se intrecciato con elementi ambient e noise: fans di Abruptum e Wold, questo è pane per i vostri denti!

Tracklist:
1 – Intro / IV
2 – V / Outro

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martedì 16 settembre 2014

Apolokia - Kathaarian vortex


Band: Apolokia
Disco: Kathaarian vortex
Genere: Black Metal
Anno: 2013

Band formatasi nel 1994, gli Apolokia arrivano finalmente al loro debutto su lunga distanza solamente nel 2013, dopo un paio di (ottimi) demo negli anni '90 e un EP rilasciato nel 2009. Contrari a qualsiasi minima forma di innovazione, gli Apolokia suonano un black metal veloce e senza compromessi, sostanzialmente privo di contaminazioni se non per un saltuario uso dei sintetizzatori. L'ascolto risulta essere molto sofferto: il sound zanzaroso delle chitarre e la produzione eccessivamente grezza non aiutano da questo punto di vista, anche se lo scream spettrale di Lord Verminaard risulta interessante e adatto alla situazione. Non c'è quasi un attimo di pausa nelle trame serratissime della band abruzzese, che trova momenti di rilassamento solo in lugubri e occasionali rallentamenti. Punto negativo vero e proprio dell'album, insieme alla produzione, risulta essere la drum machine: quando viene impostata su questi ritmi e queste velocità, la maggior parte delle volte infatti perde di mordente e diventa soltanto monotona e noiosa, e questo caso non fa eccezione. E' un album che per essere apprezzato va capito e inserito in un certo contesto: in un black metal dove ormai si cercano sempre più contaminazioni con altri generi per ottenere risultati diversi, gli Apolokia si ribellano e dicono no, optando per un ritorno ai primordi, in un gelido ed eretico vortice nichilista di caos sonoro. Per la band, il black metal non è da considerarsi come un divertimento, ma un culto per pochi: è in questo senso che va letta la scelta di un suono così ostile e quasi inaccessibile ai più. Entrati nell'ottica del disco e superate le considerazioni tecniche su suoni e produzione, se amate l'ala più oltranzista ed estrema del genere, questo disco potrebbe fare per voi, anche se decisamente non è per tutti. Da maneggiare con cautela.

Tracklist:
1 - Consolamentum
2 - Post Kristus daemonolatry
3 - In figuram Baphometis
4 - Order of the nine
5 - Malignant asphyxiation
6 - Kathaarian vortex
7 - Signum Satani
8 - Coil of nihilism
9 - Pure imperial darkness MMXII

lunedì 15 settembre 2014

Metus - Di niente facciamo parte


Band: Metus
Disco: Di niente facciamo parte
Genere: Avant-garde/Progressive Black Metal
Anno: 2005


La Norvegia e la Sicilia sono apparentemente molto lontane, eppure c'è chi ha saputo ridurre sensibilmente la distanza geografica tra questi due splendidi posti. Mi riferisco in particolare all'unico album dei Metus, ensemble avant-garde black metal originario di Porto Empedocle (in provincia di Agrigento), che molto deve a gruppi norvegesi come Arcturus e Peccatum, sebbene i siciliani riescano a mantenere un approccio personale. “Di niente facciamo parte” è una delle prime espressioni di black metal puramente sperimentale in Italia (insieme a band del calibro degli Ephel Duath), e si distacca sensibilmente dagli standard del genere. La prima particolarità che salta all'occhio è l'assenza totale di voci: potrebbe essere un handicap, ma la scelta di concentrarsi su strutture così varie e arzigogolate non fa sentire assolutamente la mancanza dell'apporto canoro. C'è una massiccia presenza di tastiere e sintetizzatori, che in alcuni momenti diventano decisive per la buona riuscita dei pezzi: veramente ottimo il lavoro compiuto in questo senso in “Balletto delle marionette”, seconda traccia del disco. Assurda è la terza traccia, “Mens insana in mente naturaliter sana”, dove la definizione di avant-garde trova piena riuscita: riff estremi, blast beat, progressioni tastieristiche, rallentamenti improvvisi, synth infernali, urla e risate campionate, momenti dal sapore spaziale. In realtà, l'aspetto black metal del disco è veramente limitato al minimo indispensabile, se non fosse per qualche riff di chitarra e qualche blast beat si farebbe meglio a parlare di “semplice” avant-garde metal. Se vogliamo trovare a tutti i costi un difetto in questo full length, questo va ricercato nell'uso della drum machine, troppo statica nonostante le linee di batteria siano interessanti. A parte questo, le tante belle idee del combo siciliano sono rimaste racchiuse in questo disco, dal momento che dal 2005 la band non ha rilasciato più nulla. La speranza è che i Metus possano riprendere in futuro a registrare del materiale, perché la proposta di “Di niente facciamo parte” è validissima.

Tracklist:
1 - Genesi primordiale
2 - Balletto delle marionette
3 - Mens insana in mente naturaliter sana
4 - Umana alterità
5 - Messaggio dallo spazio

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A Tree - Fn-2+Fn-1=Fn


Band: A Tree
Disco: Fn-2+Fn-1=Fn
Genere: Alternative Rock/Black Metal
Anno: 2011

E' sorprendente come, talvolta, il black metal possa abbracciare le tematiche più disparate. Per la verità, l'ottimo demo di A Tree, one man band originaria di Potenza che fa capo alla mente di Uruk Hai (già membro di Nefertum e Omnia Malis Est), di black metal possiede ben poco, probabilmente solo le scream vocals, che comunque si alternano a voci pulite: ma è anche questo che lo rende un lavoro unico nel suo genere. Nelle trame chitarristiche della creatura del musicista lucano, infatti, possiamo ritrovare elementi che fanno capo più all'alternative rock, alla new wave e al post-punk che al metal. Dicevamo, le tematiche: come suggerisce il titolo, il demo fa riferimento alla successione di Fibonacci, il matematico italiano vissuto a cavallo tra dodicesimo e tredicesimo secolo. Quello di cui parla il disco è, infatti, la presenza di un sistema universale che sta alla base del tutto, ma mai completamente comprensibile all'occhio umano: interessanti, in quest'ottica, anche i testi, personali e mai banali. Chiari anche i riferimenti al film di Darren Aronofsky, “Pi Greco – Teorema di un delitto”, del quale viene citato anche un estratto nella traccia “Math(er) Nature”. E' bella anche la copertina, intrigante al punto giusto e che ben rispecchia gli intenti del lavoro di Uruk Hai. Poco black metal, ma tanto rock e nostalgia degli anni '80, miscelato tutto come meglio non si poteva. Insomma, un lavoro originale e curato, da premiare sia per il coraggio della proposta che per la sua effettiva riuscita.

Tracklist:
1 – Evolution begins
2 – Among trees
3 – The deal between nature and myself
4 – Math(er) Nature
5 – Empty words as empty we are
6 – Rainroom (Katatonia cover)

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Malnàtt - Principia discordia


Band: Malnàtt
Disco: Principia discordia

Genere: Melodic Black Metal
Anno: 2012


Band con ormai 15 anni di carriera alle spalle, i Malnàtt hanno rilasciato a fine 2012 la loro ultima fatica, dal titolo “Principia discordia”: è un disco particolare, che segue con coerenza l'evoluzione del gruppo, che da un folk/black metal è arrivato pian piano a lidi più melodici, con l'abbandono progressivo della vena folk nella sua componente strumentistica (vena folk che tuttavia è presente nell'approccio lirico, come vedremo). Il disco in questione presenta momenti catchy ma al tempo stesso aggressivi, grazie a un ottimo lavoro ritmico. Da sottolineare la prova vocale di Porz, capace di alternare a uno scream sobrio e intellegibile, ma concreto, parti pulite che ben si legano con la proposta “malnetta”. Quasi interamente cantata in pulito è “Ulver nostalgia”, traccia in cui a farla da padrone è la soave voce di Sara Pistone, che per otto minuti e mezzo fa da sfondo ai riff assassini e accurati del chitarrista Bigat. In generale meritano grande attenzione le lyrics: come nel precedente “La voce dei morti”, si è infatti scelto di dare grande spazio a testi tratti da poesie italiane. Si va da Montale (“Ho sceso dandoti il braccio”) a Lorenzo Stecchetti alias Olindo Guerrini (“Il canto dell'odio”) a Iginio Ugo Tarchetti (“L'amor sen va” e “Nel dì dei morti”), arrivando sino alla citazione-parodia di Italo Calvino con la strumentale “Il sentiero dei nidi di Ragnarok”. C'è spazio anche per momenti irriverenti (“Don Matteo”) e altri che sfociano nel nichilismo cosmico (“Manifesto nichilista”, che apre il disco). Un disco intelligente e divertente dunque, che si lascia ascoltare bene, grazie a una produzione adeguata e un approccio originale, sia da un punto di vista stilistico che lirico.

Chiudo con una nota personale e che esula dall'aspetto prettamente musicale: il fatto che i Malnàtt calchino molto la mano sui testi poetici è positivo. Io stesso, ascoltando per la prima volta “La voce dei morti” nel 2008, incuriosito, mi sono precipitato a recuperare le poesie degli autori citati nell'album. In un mondo dove la cultura serve sempre, ben vengano i gruppi capaci di riportare in auge la poesia e suscitare nuovo interesse verso di essa: che poi questi gruppi suonino black metal o tutt'altro è ininfluente.

Tracklist:
1 - Manifesto nichilista
2 - L'amor sen va
3 - Il canto dell'odio
4 - Iper pagano
5 - Intramezzo erisiano
6 - Nel dì dei morti
7 - Don Matteo
8 - Ave discordia
9 - Ho sceso dandoti il braccio
10 - Il sentiero dei nidi di Ragnarok

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Seventh Genocide - Promo 2013



Band: Seventh Genocide

Disco: Promo 2013
Genere: Folk/Black Metal/Post-Rock
Anno: 2013


Cambio di rotta per i Seventh Genocide, giovane formazione romana che ha improvvisamente deciso di abbandonare il black metal “tout court” a cui si dedicava in precedenza per abbracciare soluzioni che comprendono anche elementi folk e post-rock. Con questo Promo, rilasciato in versione digitale per spargere la voce in occasione delle prossime uscite e per testimoniare il cambiamento stilistico della band, i nostri assumono così nuove influenze. La presenza della chitarra acustica, sapientemente inserita nel contesto dal giovane e promettente polistrumentista Rodolfo Ciuffo (già leader dei post-rockers Angew), rimanda molto a certe uscite che fanno capo al movimento “cascadian black metal”. A far da contraltare a questa nuova anima dei Seventh Genocide, più sentimentale e ragionata rispetto a quella, più feroce, del passato, lo screaming freddo e tetro dello stesso Rodolfo. Sullo sfondo, gli altri strumenti, ben udibili, aiutano a completare l'atmosfera delle due tracce dell'EP: da segnalare come, sebbene sia stato tutto registrato in casa, il risultato sia ben riuscito nonostante la produzione sia semplice (ma non per questo brutta). I due pezzi sono molto simili tra loro, seguono una struttura ben delineata, in cui delicati momenti di chitarra acustica si alternano a sfuriate post-black metal e incessanti blast beat. Due tracce forse sono poco per giudicare, ma sono abbastanza per capire il nuovo indirizzo di questa giovane band, che sicuramente risulterà piacevole alle orecchie dei fan di gruppi come Agalloch, Addaura o Falls of Rauros. E' auspicabile che una band del genere riesca a dare il meglio di sé sulla lunga distanza e con un minutaggio adeguato, per cui per un giudizio più accurato bisognerà attendere l'album completo, ma sono fiducioso che verrà fuori un buon lavoro.

Tracklist:
1 - Breeze of Memories
2 - Be

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