martedì 25 novembre 2014

Bhagavat - Annunciazione

Band: Bhagavat
Disco: Annunciazione
Genere: Black/Death Metal
Anno: 2013

Oggi parliamo del disco d'esordio dei Bhagavat, band italiana che si immette nella scia del movimento cosiddetto “orthodox black metal”, risalente a gruppi del calibro di Funeral Mist e Deathspell Omega. Le tematiche del disco ricalcano esattamente gli stilemi di questa corrente: al centro dell'aspetto lirico c'è infatti il satanismo, ma affrontato in maniera più intelligente e profonda rispetto al black metal di ispirazione satanica di seconda ondata. C'è infatti spazio per vere e proprie invocazioni, oltre che riflessioni sull'eterno dualismo bene-male, che rende una controparte essenziale per tenere in vita l'altra. A tal proposito, semplice ma ben costruito è il booklet, con i testi introdotti da citazioni famose, le quali pongono interessanti questioni e spunti di riflessione. Venendo alla parte musicale, il riffing è tagliente e incessante: ci sono momenti in cui è di ispirazione più death metal, e altri in cui prevale l'elemento black, ma risulta comunque molto omogeneo. Il muro ritmico è imponente: le trame composte dai Bhagavat si stagliano su ritmi veloci, grazie anche a una batteria molto dinamica, mentre il basso, udibile seppur in secondo piano, completa un quadro che già descrive bene un'atmosfera satanica e morbosa. Molto bene anche la voce, ben inserita nel contesto: è infernale e possente, e, pur non discostandosi particolarmente dal tipico cantato adottato nel mondo orthodox black metal, risulta anche carica di personalità. A proposito del movimento orthodox, in “Annunciazione” viene un po' a mancare uno degli elementi tipici di questa corrente, ovvero la presenza di cori gregoriani, qui limitata veramente allo stretto necessario: scelta che comunque non inficia minimamente sulla qualità della release. I pezzi di maggior spicco probabilmente sono “Il manifesto del maligno”, unica traccia del lotto a essere cantata in italiano, e “Nei mondi infimi”, verosimilmente il pezzo che più di tutti deve ai Deathspell Omega, dove le dissonanze tritonali hanno un ruolo fondamentale. Un esordio convincente dunque, anche perché il panorama italiano non ha moltissimo da offrire in chiave orthodox, e quella dei Bhagavat è un'ottima e sincera risposta alla scena, non priva di personalità. Non solo i già citati Deathspell Omega, ma anche band come Borgia e Aosoth possono essere annoverate tra le band simili ai nostri. E' qui che sta la forza dei Bhagavat: non parliamo di un semplice esercizio d'imitazione (come, ahimé, spesso succede in ambito black metal), ma di un esordio carico di carattere e ricco di ottime intuizioni.

Tracklist:
1 – Cloaca doctrinarum
2 – To burn a lair of snakes
3 – Il manifesto del maligno
4 – Annunciazione
5 – Black tongue of ground
6 – Nei mondi infimi
7 – Su navi d'argento
8 – Moksa

giovedì 20 novembre 2014

Ierru - Contos de foghile

Band: Ierru
Disco: Contos de foghile
Genere: Black Metal
Anno: 2014

Sono diversi gli esempi in Italia di band che hanno provato a fare black metal utilizzando il dialetto locale per i propri testi, su tutti i siciliani Inchiuvatu e i bolognesi Malnàtt. Ci hanno provato anche i sardi Ierru (che significa “Inverno” nella lingua del posto), al debutto con l'album Contos de foghile. Tecnicamente si tratta di un black metal molto rozzo, notevolmente debitore della tradizione norvegese di metà anni novanta, sebbene viaggi su tempistiche mediamente più lente. Altro elemento che presenta un certo distacco da quel black metal di darkthroniana memoria è la presenza di certe sezioni soliste e delicati arpeggi, che creano adeguati momenti di pathos. Tuttavia, il vero tasto dolente dell'esordio di Ierru lo si ritrova nella produzione del disco, decisamente inadeguata: non aiuta la drum machine, fintissima e plasticosa, unita a una tecnica di canto da raffinare, dal momento che risulta invadente ma al tempo stesso poco espressiva nonostante l'idea originale delle vocals in dialetto sardo. E questo è un peccato, perché le melodie create dalle chitarre sarebbero anche interessanti, ma la parte ritmica subisce troppo i difetti della drum machine e della voce. Difetti, questi, che si ripercorrono lungo tutto il disco, rendendo più complicato l'ascolto. Altro appunto: alcune parti soliste o arpeggiate andrebbero inserite meglio nel contesto, dal momento che, a volte, risultano un po' troppo “out of nowhere”. Qual è il consiglio che bisogna dare a Ierru, dunque? Innanzitutto di non mollare, l'idea di base è valida e anche dal punto di vista strettamente musicale ci sono spunti intelligenti, come l'uso delle parti soliste che di solito in questo genere non trovano particolare spazio. Bisogna invece assolutamente intervenire sui suoni, davvero brutti per essere un album (seppur molto underground), sulla voce, sulla quale si potrebbero adottare scelte diverse in fase di mixing o che si potrebbe modulare diversamente, più improntata sullo scream o sul growl veri e propri: insomma, è necessario fare una scelta precisa. Importante sarebbe anche trovare un batterista in carne ed ossa, o, almeno, programmare la batteria in un modo più accettabile: forse, a tal proposito, scelte diverse in sede di songwriting avrebbero causato una resa migliore. Gruppo da rimandare al prossimo appuntamento, insomma: se la band saprà far tesoro di questo primo passo falso, in futuro riuscirà di certo a dare una resa migliore del connubio black metal/folklore sardo.

Tracklist:
1 – S'arvèschida
2 – Note e nèula
3 – Su dimòniu de su sonnu
4 – Ierru
5 – Sa buca de s'inferru
6 – Su foghile
7 – Cussu chi depet èssere fatu
8 – Sas ecos de sas grutas
9 – Sa sùrbile
10 – S'istradone de sa paza
11 – Su vèsperu

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In Tormentata Quiete - Cromagia

Band: In Tormentata Quiete
Disco: Cromagia
Genere: Blackened Avant-garde Metal
Anno: 2014

A distanza di cinque anni dal loro ultimo lavoro, tornano finalmente gli In Tormentata Quiete, band bolognese che da sempre si è distinta nella scena metal italiana per il suo approccio originale. Cromagia non fa altro che rafforzare questa convinzione, sebbene l'evoluzione della band sia tangibile, e questo disco si distacchi in parte dai precedenti due album: da Teatroelementale vengono ripresi e accentuati i momenti progressive, pur inseriti in un contesto fortemente melodico e meno estremo. La tecnica dell'intreccio delle tre voci (che prevedono voce maschile pulita, voce in screaming e voce femminile), da sempre marchio di fabbrica dei nostri, viene ulteriormente sviluppata in questo nuovo capitolo targato ITQ, e contribuisce ad alimentare il carattere prettamente avant-garde della band, sfruttando suoni più caldi e avvolgenti grazie anche a una produzione impeccabile. Rispetto ai due dischi precedenti bisogna oltretutto far notare l'inserimento di nuove influenze: ne è un esempio la chitarra dal sapore post-rock presente in “Verde”, oltre a una crescente attenzione verso l'elemento folk (un chiaro esempio lo trovate ne “La carezza del giallo”), pure presente nei vecchi lavori. Trova inoltre un discreto spazio il violino, strumento assente nelle precedenti release, che conferisce un ulteriore apporto melodico al disco, risultando perfettamente inserito nelle trame di Cromagia. Merita inoltre un approfondimento a sé il concept, che suggerisce una visione sinestetica delle emozioni umane: obiettivo raggiunto in pieno, dal momento che a ogni colore viene assegnata un'atmosfera adeguata. Si va infatti dalla vivacità del giallo all'oscurità fascinosa del nero (a proposito, splendido il basso iniziale ne “La visione del nero”), dalla leggerezza del verde alla magia misteriosa del blu, passando per l'energia del rosso. Si tratta dunque di un disco molto completo, anche se inevitabilmente meno estremo dei precedenti: ciò non inficia assolutamente la qualità del disco, il quale risulta essere meno immediato e più ragionato. Insomma, non parliamo di un ascolto “usa e getta”, ma il disco in questione va ascoltato e capito nella sua interezza per essere apprezzato a dovere. Cromagia testimonia, come detto in apertura di recensione, la crescita e la metamorfosi della band, che, un po' come i norvegesi Arcturus, è partita da un black metal sinfonico per poi giungere a lidi progressive, senza però rinunciare completamente all'aspetto estremo degli esordi. In rete si legge spesso di una loro assonanza a gruppi del calibro di Solefald, Ulver e Devil Doll: io farei anche i nomi di realtà come gli emergenti australiani Ne Obliviscaris, e del progetto solista di Ihsahn, cantante degli Emperor, anche se la direzione presa dagli In Tormentata Quiete vira verso soluzioni stilistiche differenti. In conclusione, Cromagia è il disco dell'esame di maturità degli ITQ, che lo superano a pieni voti e si confermano una realtà importante nell'ambiente metal italiano: se è indubbio che l'anima più marcatamente black della band ne esce ridimensionata, un orecchio avvezzo anche a sonorità meno estreme non può permettersi di ignorare questa preziosa gemma underground.

Tracklist:
1 – Blu
2 – Il profumo del blu
3 – Rosso
4 – Il sapore del rosso
5 – Verde
6 – Il sussurro del verde
7 – Giallo
8 – La carezza del giallo
9 – Nero
10 – La visione del nero
11 – InVento